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Crisi del Commercio e l'assenza delle istituzioni

🕯️ Commercio in crisi: 

Quando l’assenza dello Stato spalanca le porte ad altri poteri

In tante città italiane – grandi e piccole – lo scenario è ormai visibile a occhio nudo: negozi che chiudono, saracinesche abbassate, vie dello shopping ridotte a deserti urbani. Il commercio al dettaglio vive una crisi profonda, e mentre alcuni parlano di colpa dell'e-commerce, altri iniziano a porsi domande più scomode.

📉 Crisi annunciata: e-commerce, tasse e burocrazia

Che il piccolo commercio sia messo in ginocchio da colossi digitali e da una tassazione spesso sproporzionata è ormai noto. Ma la situazione si aggrava quando si incrociano anche:

  • Affitti insostenibili per gli esercizi commerciali.

  • Costi energetici in crescita.

  • Burocrazia asfissiante e difficoltà nell’accesso al credito.

  • Mancanza di politiche attive per il rilancio dei centri storici.

Un terreno fertile, insomma, per il fallimento di tante attività oneste.

🧊 Lì dove lo Stato si ritira, altri avanzano

Non è necessario evocare complotti per notare un dato ricorrente nella storia italiana: quando lo Stato si ritira, qualcun altro occupa lo spazio. Le mafie – che da tempo non sono più solo criminalità ma anche attori economici – sanno bene come muoversi in territori svuotati di speranza e liquidità.

Già negli anni ’80 e ’90, nel cuore del Sud Italia, la strategia era chiara: acquisire attività in crisi per riciclare denaro. Oggi, lo schema si è solo raffinato:

  • Si investe in locali notturni, ristoranti, bar e scommesse.

  • Si offre lavoro in nero, condizioni favorevoli, ristrutturazioni rapide.

  • E si instaura, silenziosamente, un nuovo ordine economico parallelo.

🔦 Esempi storici? Eccone alcuni

  • Reggio Calabria (anni 2000): secondo inchieste della DDA, la ‘ndrangheta ha investito milioni in ristorazione, nightlife e persino in società sportive.

  • Milano (Expo 2015): decine di aziende in odore di mafia emersero tra gli appalti e le forniture legate alla grande opera.

  • Roma (Mafia Capitale): un sistema ibrido tra criminalità e politica che ha gestito risorse pubbliche e sociali.

  • Napoli (Camorra e pizzerie): numerosi esercizi del centro storico sono risultati intestati a prestanome legati ai clan.

🏙️ Il caso locale: cosa succede nelle nostre città?

Molti cittadini iniziano a notare un paradosso: attività storiche chiudono, ma aprono nuovi locali notturni con investimenti milionari, spesso fuori scala rispetto al contesto economico reale.

Contemporaneamente:

  • Aumentano fenomeni di microcriminalità.

  • I centri diventano meno vivibili per le famiglie.

  • I commercianti onesti vedono calare il flusso dei clienti.

È solo una coincidenza? Oppure si sta realizzando un modello di ricolonizzazione economica delle città, dove lo Stato tace, e altri dettano le regole?

🤐 Stato complice o solo assente?

Non si può affermare che esista un piano preciso da parte dello Stato per agevolare tutto questo. Tuttavia, l’inerzia, la mancanza di controllo, e talvolta una collusione passiva contribuiscono a un clima di abbandono e vulnerabilità sistemica.

Il rischio più grande? Che i cittadini, rassegnati, si abituino a questo nuovo ordine informale, dove il denaro gira, ma non crea benessere reale né libertà economica.

🧭 Cosa fare?

  • Controlli mirati e trasparenti su acquisizioni sospette.

  • Politiche urbane intelligenti per rivitalizzare i centri.

  • Supporto fiscale e finanziario reale al commercio locale.

  • E soprattutto, una presa di coscienza collettiva da parte dei cittadini, delle amministrazioni e delle imprese.


Complottismo o "semplice" osservazione civica

Ragionare su questi temi non significa vedere complotti ovunque, ma avere il coraggio di riconoscere le faglie sistemiche di uno Stato che talvolta abdica al proprio ruolo. Non si tratta di accusare senza prove, ma di porre domande legittime e pretendere risposte chiare.

Perché il silenzio, a lungo andare, è sempre complice.

 

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