📺 “Tossici di informazione” — tra la televisione che manipola e Internet che, se usato bene, può liberare
Ci sono le trasmissioni, e poi ci sono i rapporti umani.
E oggi sembra che le prime abbiano colonizzato i secondi.
Viviamo immersi in un flusso continuo di parole, immagini, notizie, opinioni. Tutto è talk, tutto è show, tutto è reazione. La televisione — un tempo simbolo di unione e curiosità collettiva — si è trasformata in un enorme specchio deformante, dove la realtà viene piegata alle esigenze dell’audience e della pubblicità.
Non racconta più: recita. Non informa più: provoca.
Ogni programma cerca la lite, lo scandalo, la lacrima. Ogni ospite viene scelto non per ciò che ha da dire, ma per quanto farà rumore.
E noi, spettatori passivi, finiamo per subire.
Perché la televisione la subisci: non puoi rispondere, non puoi verificare, non puoi chiedere “è davvero così?”.
Accendi, guardi, assorbi. E lentamente ti intossichi.
Il paradosso è che la stessa TV che parla di “relazioni tossiche” è spesso il primo agente di tossicità collettiva: una droga leggera per l’anima, ma pesante per la coscienza.
Tossica perché ti abitua al giudizio, alla superficialità, alla fretta.
Tossica perché sostituisce il dubbio con la certezza urlata.
Internet, al contrario, offre una via d’uscita — ma solo se impariamo ad usarla con intelligenza.
Nel web puoi ancora cercare, confrontare, leggere tra le righe.
Puoi rispondere, intervenire, dubitare.
È un luogo dove, nonostante il rumore e le fake news, sopravvive la possibilità di scegliere e costruire il proprio pensiero.
Lì dove la TV impone, Internet propone.
La differenza sta tutta in una parola: interazione.
Ma attenzione: anche la rete può diventare tossica se usata come una TV 2.0 — se ci limitiamo a scorrere, a credere, a reagire senza pensare.
La libertà digitale richiede responsabilità, la curiosità pretende fatica.
Serve tempo, serve spirito critico, serve silenzio.
Il vero antidoto, dunque, non è spegnere lo schermo — ma riaccendere la coscienza.
Ritrovare la lentezza del pensiero, il gusto del confronto, la capacità di ascoltare senza giudicare.
Rieducarci all’informazione come nutrimento, non come intrattenimento.
Forse non possiamo cambiare i media, ma possiamo cambiare il nostro rapporto con loro.
Possiamo scegliere cosa e come guardare.
Perché informarsi non significa solo sapere: significa scegliere di capire.
E in quell’atto di scelta — umile, silenzioso, profondo — si nasconde la libertà più autentica.

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